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Barche

A prima vista potrebbe sembrare un’impresa ardua: attrezzature, un locale adatto, la capacità, il tempo. In realtà, come accade per qualsiasi cosa, quello che serve veramente è solo la voglia. Il luogo comune “volere è potere” non potrebbe calzare meglio, in questo caso. Certo, le difficoltà oggettivamente ci sono, e quelle appena citate costituiscono solo una parte di esse; ma se si sente lo slancio, quasi il bisogno fisico di raggiungere un obiettivo come questo, le resistenze cadono una dopo l’altra, le riserve sfumano, le scuse si affievoliscono e le soluzioni si delineano a poco a poco.
Maneggiare e lavorare il legno, scrutarne la trama delle fibre e le sfumature dei colori, sentirne il profumo, diverso da essenza a essenza, già questo costituisce un piacere. E se in aggiunta si amano il mare e le barche il passo è breve. E posso assicurare che navigare su un oggetto uscito dalle proprie mani, fosse anche un tronco scavato a colpi d’ascia, dà una soddisfazione che può comprendere a fondo solo chi la prova.

”dinghy

12’ di lunghezza, baglio massimo 1.50 m, è un dinghy disegnato da Iain Oughtred, vero specialista nel “lapstrake plywood”, ovvero la costruzione a fasciame sovrapposto in compensato marino. I suoi piani sono molto dettagliati, precisi e ricchi di particolari. Ho scelto un piano velico con randa a tarchia, diverso da quello di progetto, per evitare l’impiego delle sartie. Molto stabile, dà la sensazione di condurre una barca di dimensioni maggiori. Elegante e classica nella linee, è ideale per veleggiate tranquille, anche se un piano velico più moderno aumenterebbe le prestazioni. A parte il fasciame in compensato di okumè, gli altri componenti sono in mogano. Può essere impiegato un piccolo fuoribordo.

”deriva

Sebbene si tratti di una barca dalle prestazioni vivaci questa deriva conserva ancora un aspetto classico. Lunga 3.80 metri, è realizzata con fasciame sovrapposto e utilizza un’attrezzatura velica simile a quella Laser di cui sfrutta l’albero, anche se accorciato; questo consente di ottenere una buona stabilità nonostante gli 8.3 mq di superficie velica.

”barca

Lo Shellback è un dinghy di 3.4 metri nato dalla matita di Joel White. La linea è classica e molto piacevole. E’ una barca pratica, leggera, abbastanza semplice da costruire ma che regala tantissime soddisfazioni, sia a remi che a vela. L’alaggio è semplicissimo se si dispone di un piccolo carrello, e la vela al terzo richiede meno di cinque minuti per essere montata. E’ la barca ideale per tranquille veleggiate solitarie, ma è comoda e stabile anche in due.

”barca

Ho disegnato e realizzato questa piccola deriva per mio figlio Giuseppe circa tre anna fa. Il metodo di costruzione è il cuci e incolla, con fondo piatto e due fasce per lato, tutto in compensato di okumè da 4 mm. Con 3 m esatti di lunghezza è molto stabile, anche per la superficie velica di soli 3.7 mq ed il centro velico basso. Adatta per principianti anche nella costruzione, ha un peso di 35 kg e può essere agevolmente trasportata sul tetto di una piccola auto. E’ dotata di pozzetto autosvuotante, riserve di galleggiamento integrali, timone sollevabile.

”barca

Questo piccolo dinghy a remi rappresenta più che altro un esperimento: ottenere un barchino utilizzabile in completa autonomia da una persona con il peso minimo. Lo spessore del fasciame è 4 mm, lo stesso delle canoe, ed il peso complessivo solo 13.5 kg per una lunghezza di 2.25 m. Un buon compromesso.

”barca

Skiff a fondo piatto di 3.2 metri di lunghezza. Barca semplice e leggera, permette un agevole lancio ed alaggio dalla spiaggia. La vela al terzo ha manovre immediate ed essenziali, ma permette buone prestazioni anche in 2.

Il passo è breve, dicevamo, breve in termini di tempo; ma, e qui entra in gioco il nostro buon senso e la conoscenza dei nostri limiti, è bene che sia anche corto. Chi pretende di costruire un veliero avendo in tutta la vita piantato solo qualche chiodo, rischia, per ovvi motivi, di vedere il proprio entusiasmo perdersi lungo la strada.
Il mio primo lavoro è stato la costruzione del Farò, una deriva di tre metri realizzata col metodo ‘cuci e incolla’, i cui piani sono commercializzati dalla BCA di Milano. E’ stata iniziata nel marzo 2000, terminata a maggio, varata nei primi di giugno. Una buona esperienza, a basso rischio di fallimento. E’ andata bene, ho veleggiato tutta l’estate e ho imparato molto. E siccome l’appetito vien mangiando, ho iniziato subito dopo a pensare qualcosa di più impegnativo. Le foto che seguono sono il risultato

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